In Regione solo io ho votato contro le modifiche al “Testo Unico in materia di commercio”, che non aiuta i genovesi a risparmiare. Intanto molte famiglie stentano ad arrivare a fine mese.
Un obiettivo primario oggi è quello di aiutare le famiglie genovesi ad arrivare a fine mese. Perciò diventa fondamentale anche abbattere il costo della spesa, che in Liguria, e in particolare a Genova, è troppo alto. Agevolare la concorrenza dovrebbe essere un compito del legislatore regionale, ma l’ultimo provvedimento non va affatto in questa direzione. Da qui il mio voto contrario, unico tra i consiglieri regionali, al “Testo Unico in materia di commercio”. La nuova programmazione approvata denota una visione dirigista dell’economia, l’avversione all’apertura di nuovi punti vendita di grandi dimensioni (tutelando così un monopolio di fatto..) e la propensione a sovrapporre vincoli regionali e comunali: infatti la Regione rimanda ad un’ulteriore programmazione comunale, con la possibilità di porre altri paletti.
Secondo l’Istat (dato confermato dal bollettino statistico del Comune di Genova) i prezzi sono aumentati del 3,4% in un anno: una variazione addirittura quasi doppia rispetto a quella di Milano, che segna un +1,8%. Una differenza pagata cara dai genovesi. Viste le difficoltà a creare lavoro in un momento di crisi economica, è ancora più evidente che le famiglie vanno tutelate anche aumentando la concorrenza tra grandi centri commerciali dove si va proprio per risparmiare. Genova, per la sua orografia, rende più difficili e costosi gli spostamenti dei cittadini, che quindi non possono permettersi troppi viaggi, per esempio a Serravalle, se il risparmio è reso vano dal costo di benzina e autostrada. Considerando che, secondo l’Istat, una famiglia italiana spende annualmente 5.724 euro per la spesa (Genova è sopra alla media nazionale!), un risparmio anche solo del 5% consentirebbe di avere in tasca circa 300 euro in più a fine anno. E credo che i soldi risparmiati dai genovesi potrebbero anche essere spesi proprio nel commercio al dettaglio, con qualche acquisto in più tra negozi di quartiere e botteghe tradizionali. Una maggiore concorrenza potrebbe quindi essere d’aiuto anche alla filiera della piccola distribuzione.