Ritengo necessario accelerare su tutte le forme di mobilità che valorizzino la città e la regione, senza pregiudizi e senza rinunciare a infrastrutture moderne. Il PD la smetta di fare il gioco delle tre carte.
Si è riaperto in questi giorni in alcuni Municipi e in Comune a Genova il dibattito sull’ipotesi di realizzare una pista ciclabile proprio nel cuore della città – nella zona di via Venti Settembre – deviando il traffico privato in via Maragliano. A Genova è possibile introdurre nuove forme di mobilità che consentirebbero di recuperare la bellezza di interi quartieri e di valorizzazione di stili di vita consapevoli, ma è indispensabile che alla base di ogni progetto vi sia una programmazione che non interessi solo porzioni di città a macchia di leopardo, ma che coinvolga e integri la visione della città nel suo insieme, da Voltri a Nervi. Da troppi anni il centro-sinistra genovese non è in grado di programmare e procede in modo confuso e contraddittorio. Il progetto ha già avuto una gestazione molto controversa e una fase sperimentale che aveva generato accese polemiche sotto la giunta della sindaco Vincenzi. Senza voler entrare nel cuore della polemica e dei punti di vista di tutte le categorie e le parti in causa, ritengo che l’apertura a nuove forme di mobilità di tipo “slow” non possa prescindere da una visione più ampia e armonica di tutta la città, quale quella che Renzo Piano aveva proposto nel suo noto progetto di waterfront del 2004, prima che fosse trasformato in niente più che un “pezzo da museo”. Imporre una pista ciclabile al di fuori di un disegno di città e di un piano più ampio appare una mera decisione ideologica, destinata a fallire.
Genova da anni viene presa in giro dalle amministrazioni comunali targate PD circa la possibilità di realizzare una mobilità alternativa, che utilizzi mezzi di trasporto green, “smart” e a costo (quasi) zero per i cittadini. Peccato si tratti solo di slogan a cui non fa seguito la capacità amministrativa di tradurli in realtà. I fatti sono molto diversi e Genova ha assistito solo alla nascita di progetti “senza gambe”, mestamente naufragati dopo qualche anno e con il solo danno economico per le casse comunali e dell’Europa. Solo per fare un esempio ricordo che il Comune ha investito 220mila euro nel bike sharing, servizio che nel 2012 ha portato un incasso di soli 1.200 euro. Un risultato prevedibile, tutto sommato, visto che a Genova – dove già per conformazione orografica farsi una pedalata non è da tutti – non è stata mai realizzata una pista ciclabile degna di questo nome.
Non ritengo tuttavia che il progetto di ciclabilità sia da scartare a priori. Tutt’altro. Se a Genova si vuole lavorare sulle piste ciclabili, magari sfruttando al meglio le risorse provenienti dai fondi comunitari, è necessario guardare a un percorso da Nervi a Voltri che attraversi la Grande Genova, ricucendo i quartieri e lambendo, in sicurezza, il porto e i luoghi della storia e del lavoro. Certo è un sogno – realizzabile – e occorre superare alcuni limiti, ma penso sia possibile, per esempio affidando ai migliori architetti lo studio delle soluzioni migliori per risolvere le intersezioni fra porto e città. Il tutto assumerebbe un senso profondo in chiave identitaria e turistica. Talvolta non ci rendiamo conto di quanto sia bella agli occhi di un turista la nostra Genova, nella diversità dei Quartieri: un raccordo “verde” interno alla città consentirebbe ai visitatori di allargare lo sguardo al di fuori del Porto Antico.
D’altro canto è impensabile che una pista ciclabile possa risolvere i problemi di mobilità tout court, intesa come mobilità interna alla città e mobilità di collegamento alla città. Non si può prescindere dalla realizzazione di grandi opere quali Gronda, Terzo Valico, completamento del raddoppio della tratta ferroviaria verso Ventimiglia. Anche sui ritardi di queste opere la sinistra e il PD, che da anni ormai governano città e Regione, non hanno più alibi. Fa sorridere che il PD si accorga solo oggi di qual’era il programma di Marco Doria alle primarie: un freno alle infrastrutture. Invece, se non vogliamo chiudere in un totale isolamento il nostro porto e l’economia tutta della città, è indispensabile puntare sui collegamenti veloci che possono arrivare solo da un aeroporto efficiente, da arterie autostradali in grado di accogliere i flussi del XXI secolo – non una camionale realizzata, con enorme lungimiranza, nel 1936 – e da treni puntuali che viaggino su binari sicuri e veloci.
Allo sviluppo della città in questi termini potrà essere associata anche la realizzazione di infrastrutture “verdi”, come una pista ciclabile da Voltri a Nervi. Ma senza una visione della Città nel suo insieme non si va da nessuna parte. E purtroppo questa è la realtà di questi anni.